Nasce dal basso una nuova filiera del grano con i Patti di filiera

Pochi sanno forse che l'area del Capo di Leuca viene descritta fino ai primi del '900 come zona fortemente votata alla cerealicoltura. Strano a dirsi oggi, in cui quelle campagne e quei paesi "a sud del sud" risultano perlopiù abbandonati a loro stessi.

Eppure è in una piccola frazione di Andrano, Castiglione d'Otranto, che da quasi un decennio è in atto una forte azione di rinascita, grazie al lavoro dell'Associazione Casa delle Agriculture, poi maturata nella Società Cooperativa omonima, che gestisce il Mulino di Comunità. Il Mulino, attivo da poco più di un anno, è un presidio di "restanza" sul territorio, che crea occupazione e lavora sul mantenimento e la valorizzazione della biodiversità cerealicola.

Cooperativa Casa delle Agriculture produce grani antichi, che molisce a pietra e trasforma in ottime farine e prodotti da forno. Ma il Mulino non è che il punto di partenza, e non di arrivo, di un processo dal respiro più ampio, in grado di amplificare la sua potenzialità trasformativa. A questo scopo è stato infatti avviato il progetto dei Patti di filiera, tanto difficile quanto ambizioso, che ha l'obiettivo di agire a monte della filiera, proprio nel segmento produttivo, che negli ultimi anni ha conosciuto soltanto il declino.

Il tema dell'abbandono delle campagne è dovuto a concause storiche, sociali ed economiche, ma soprattutto e ad un grosso problema strutturale dell'agricoltura: lo scarso reddito assicurato all'agricoltore dalla filiera della GDO. Da questo punto di vista, la questione della cerealicoltura è poi doppiamente controversa, perché penalizzata dai prezzi estremamente bassi dei cereali importati, spesso di scarsissima qualità e contenenti tracce di pesticidi e micotossine. Il grano, non dimentichiamolo, è una commodity quotata in borsa, soggetta dunque a speculazioni che finiscono per ripercuotersi in maniera molto pesante sull'agricoltore. E' per tutti questi motivi che gli agricoltori spesso rinunciano alla produzione di cereali: si coprono a malapena le spese di produzione. Se pensiamo poi che l'utilizzo di varietà tradizionali, anche se migliori dal punto di vista nutrizionale, e le tecniche organiche pesano negativamente sulla resa per ettaro, e quindi sul conto colturale finale, il quadro già fosco finisce con il complicarsi ancora di più.

Come invertire questa tendenza? A Castiglione la risposta arriva dal basso, con la proposta dei Patti di filiera, attorno ai quali Casa delle Agriculture intende chiudere la filiera del grano. Il Patto prevede la condivisione di un protocollo di produzione, che escluda l'utilizzo di fitofarmaci e pesticidi e utilizzi sementi controllate di antiche varietà come il Russarda, il Timilìa, il Maiorca e altri. Prevede poi la collaborazione con altre reti nazionali per migliorare le conoscenze in ambito agronomico e assicura l'acquisto della materia finita da parte della stessa Cooperativa ad un prezzo maggiorato rispetto a quello fissato dalla Borsa di Bologna per il mercato biologico.

Un modello virtuoso, che riconosce il valore del lavoro dell'agricoltore, diffonde l'agricoltura organica e incoraggia la produzione locale. Oggi più che mai ci siamo resi conto della fragilità del sistema globalizzato di produzione e consumo, che rende le comunità fragili e dipendenti dall'esterno anche per l'approvvigionamento alimentare e dunque per la loro stessa sopravvivenza. Evviva dunque i progetti come questo, che offrono soluzioni a problemi reali, che il mondo rurale vive sulle spalle tutti i giorni.

Salento Km0 segue con interesse il progetto dei Patti di Filiera promosso da Casa delle Agriculture e ne supporta le finalità.

 

Francesca Casaluci