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XFarm è un laboratorio di sperimentazione agroecologica che si estende per circa 50 ettari. Si tratta di un bene confiscato alla criminalità organizzata e dato in gestione alla cooperativa “Qualcosa di diverso” nel 2017. E “qualcosa di diverso” questi ragazzi l’hanno effettivamente fatta, se oggi intorno all’azienda trovano occupazione almeno 10 persone, che vivono a lavorano in un luogo come San Vito dei Normanni, che potrebbe essere definito “periferico” e “marginale”.
Ad accoglierci è Marco Notarnicola, originario di Noci e approdato a XFarm per un tirocinio legato al suo percorso di studi in Economia sociale. Insieme a Ginevra Errico e Pablo Ruiz Naime, ci guida alla scoperta dei due lotti aziendali: Montemadre - dove troviamo gli olivi, l’allevamento avicolo, il Parco agricolo - e Paretone Piccolo, dove ci sono il vigneto, l’orto e la food forest oltre ad altri olivi.
Un gruppo di ragazzi provenienti dal mondo della gestione dei beni culturali, con nessuna competenza agricola, che decide ad un certo punto di prendere in gestione un’azienda così grande, da dove comincia? «Abbiamo cominciato da noi – ci risponde Ginevra. Quando siamo entrati, XFarm era un bosco: la vigna non era potata da anni, gli ulivi messi malissimo. Abbiamo cominciato da noi, con corsi di formazione. È vero che avevamo zero competenze agricole ma tantissime altre competenze che abbiamo iniziato a mettere a frutto. Non importa quello che hai, ma come lo usi».
Di grande impatto l’allevamento avicolo nato col progetto “Hasta l’uevo”, con galline ruspanti sotto gli ulivi che trovano riparo in pollai mobili. L’area di pascolo viene spostata periodicamente per permettere alle galline di diserbare e concimare il terreno, con una produzione di circa 800 uova a settimana, più che naturali.
Un’area dell’azienda ospita una dolina, che negli anni era diventata deposito di macerie e di rifiuti. Dopo la pulizia, qui è stato creato un Parco artistico rurale, un progetto che ha coinvolto ragazzi under 18 che hanno lavorato sul luogo partecipando ad un processo creativo intorno a temi come cambiamento climatico e ruralità. Oggi quest’area è diventata una grande “aula verde”, deposito di biodiversità.
Il vigneto, che si estende per 10 ettari e produce uva Lambrusco, in passato era utilizzato per il “taglio” di altre uve. Oggi viene vinificato in purezza, grazie alla collaborazione con Masseria La Cattiva, dando vita a Brushko che sull’etichetta recita: “Brushko è il riscatto di un’uva bistrattata, di un intero territorio abbandonato e sovrasfruttato, l’incrocio di persone e visioni impegnate a costruire un nuovo immaginario rurale come strumento di crescita culturale”.
Racconta Marco: «La cosa più difficile di tutte è far capire quello che facciamo, è la distanza culturale tra capacità di guardare al territorio rurale come leva di sviluppo, contrapposta alla credenza che la terra è un posto lontano, dove qualcun altro si occupa di produrre il nostro cibo. L’altra questione riguarda le persone: questi progetti evolvono solo se incrociano persone che condividono la tua visione, e trovarne che vogliano investire il proprio futuro nella periferia in un contesto globale che va in altre direzioni, è difficile».
L’agroforesta è nella sua fase iniziale, con arbusti e alberi di alto fusto piantumati insieme a piante orticole che si integrano con la presenza degli alberi di olivo secolari: «Per noi il futuro è questo: stiamo lavorando molto sulla diversificazione dell’azienda, cercando di mantenere l’esistente ma anche di integrarlo dove possibile». Così le colture principali (fichi e gelsi) sono alternate a “piante di supporto” votate alla produzione di biomassa. Dopo i primi 3-4 anni, il sistema dovrebbe andare avanti da solo, senza input idrici o di sostanza organica provenienti dall’esterno.
XFarm è un progetto complesso, si avverte la sua natura poliedrica e la capacità di possedere e gestire molte identità, senza che una prevalga sulle altre, ma forse l’elemento di maggiore interesse sta nel fatto di poterla considerare un’azienda di medie dimensioni condotta secondo i principi dell’agroecologia, dove la sfida di applicare le pratiche agroecologiche ai “numeri” viene accolta e superata. Come spiega Marco: «Questo è il nostro lavoro e possiamo farlo solo se da qui riusciamo a ricavare un reddito sufficiente». Sembra un aspetto banale, ma non lo è affatto, perché dimostra che oggi la produzione agricola è possibile se insieme all’economia si tengono in conto anche le esternalità ambientali e sociali.
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