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La produzione di olio in Salento è principalmente improntata su due varietà: la Cellina di Nardò e l’Ogliarola Leccese. Sebbene la coltivazione dell’olivo sia radicata e antichissima, le specie storicamente coltivate non sono molto numerose. Questo forse perché, essendo una coltura improntata alla produzione di olio, la ricerca di cultivar di qualità con caratteristiche ben definite ha portato ad una forte specializzazione.
Sembra che la coltivazione dell’olivo in Salento risalga al VII sec. a.C. Nel 336 a.C. l’olio salentino veniva già esportato in Oriente e a Cartagine e, ai tempi di Augusto, pare che il Salento fosse il primo territorio per estensione di oliveti. La sua espansione si arrestò solo con le invasioni barbariche e la crisi dell’Impero Romano, riaffermandosi poi con i Saraceni, tra il IX ed il XVIII sec. d.C. Furono loro ad diffondere la Cellina di Nardò, conosciuta infatti anche come “Saracena”.
L’Ogliarola è la varietà più anticamente conosciuta. Viene identificata con la Salentina di cui parlano Catone e Marrone. Ha un’elevata produttività e grande resa, ma la sua coltivazione ha subito una forte frenata all’inizio del XX sec. a causa della diffusione della “brusca parassitaria”, una malattia che ha indotto a sostituire questa cultivar con la più resistente varietà Cellina. I frutti sono neri-violacei e le foglie lunghe e strette. La Cellina ha una resa più bassa ma grande rusticità ed adattabilità. Le olive sono di colore nero-blu e le foglie più ovali e piccole di quelle dell’ Ogliarola. È la varietà più largamente diffusa e coltivata.
L’olivo è stato per secoli fonte di cibo, di cura e di riscaldamento, di materiale da costruzione, di illuminazione, di riparo e anche di ispirazione. L’olio, prezioso prodotto di questi alberi, è ricchissimo di qualità alimentari e cosmetiche. E’ tra questi olivi che le leggende salentine narrano di favolosi tesori nascosti, le Acchiature, che si svelavano ai contadini al lavoro nei campi grazie all’aiuto di folletti e magiche entità abitanti della natura. Ed è spesso nei tronchi cavi di questi alberi che si narra di miracolose scoperte di Madonne, dalle quali poi sono nate chiese e culti paesani. Negli ultimi anni, incredibile a dirsi, c’è stata una certa tendenza a svendere oliveti e olio.
Forse si è sentita così spesso la storia della scarsa qualità e resa economica dell’olio salentino, che si è finito col crederci e con l’essere complici. Speriamo che l’olivicoltura salentina possa trovare nuova forza partendo dalle sue radici e dal rispetto del territorio e della natura.
“Ulia fiurita ad abrile, ccoji cu llu varile; ulia fiurita a giugno la ccoji cu llu pugnu” – Olivo fiorito ad aprile, raccogli olio con il barile; olivo fiorito a giugno, raccogli olio con il pugno
Francesca Casaluci © All rights reserved Salento Km0 2017
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